TIME presenta un chatbot AI per i contenuti sulla Persona dell'Anno
Questa è una mossa interessante da parte del TIME. Supporta la mia attuale teoria secondo cui l'intelligenza artificiale generativa ha scatenato una guerra per l'intimità. E con questo, non intendo solo un'attenzione di basso livello, ma una connessione emotiva: il tipo di interazione che sembra più una relazione che una trasmissione di informazioni.
Migliorare la connessione emotiva
Permettendo ai lettori di "chiacchierare" con decenni di contenuti dedicati alla Persona dell'Anno, TIME non si limita a rendere gli archivi più facili da consultare, ma rende il proprio brand più umano. Si tratta meno di mettere in mostra le capacità dell'intelligenza artificiale e più di creare presenza. Il loro obiettivo è dire: "La nostra voce conta ancora. E ora puoi parlarle".
Reinventare il giornalismo
Non si tratta di sostituire il giornalismo, ma di reincarnarlo. L'archivio, un tempo statico e impolverato, diventa un dialogo vivo. Sposta il ruolo del lettore da consumatore passivo a partecipante attivo. Questa è UX emozionale, non solo UX tecnica.
Una giocata difensiva strategica
Ma non fatevi illusioni: questa è anche una mossa difensiva. Se OpenAI o l'intelligenza artificiale di Google iniziassero a rispondere a domande come "Chi è stata la Persona dell'Anno nel 1995?", TIME perderebbe non solo traffico, ma anche autorevolezza. Costruendo il proprio chatbot, TIME ancora la narrazione alla propria voce editoriale, evitando che venga diluita dalle congetture di un LLM.
Strategia dei contenuti come controllo dell'identità
Questa è la strategia dei contenuti come controllo dell'identità. È così che i marchi tradizionali rimangono rilevanti: non urlando più forte, ma parlando direttamente.
E sì, nell'era dell'intelligenza artificiale, essere ricercabili è un requisito fondamentale. Essere parlabili ? Questo è il nuovo premio.